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IL PARCO DEI MOSTRI DI BOMARZO

Incipit

(…) che solo a se stessa assomiglia (…)

Il Parco dei mostri di Bomarzo, il luogo

dove

Fu creato dallo scalpellino Pirro Ligorio nel 1552, su commissione del principe Pier Francesco Orsini che volle dedicare il 

parco delle meraviglie alla sua innamorata.

Fu lo scalpellino, conoscitore di molti  segreti iniziatici,

ad inserire nel 

giardino dei mostri,

parte della sua

conoscenza esoterica.

Può rappresentare la

trasformazione del sentimento di una delle emozioni più profonde ed umane, l’amore,

in

penetrazione di conoscenze più profonde.

Entriamo.

Siamo accolti dalle

Due sfingi

che ci evidenziano i loro messaggi:

” Chi con ciglia inarcate et labbra strette non va per questo loco manco ammira le famose del mondo moli sette” e

“Tu ch’entri qua pon mente parte e parte e dimmi se tante meraviglie
sien fatte per inganno o pur per arte”.

Soltanto chi procederà a

guardare con stupore
lasciando entrare dentro di sé
i messaggi che può osservare,
avrà la possibilità di vedere veramente
le sette meraviglie del mondo,

con il silenzio e l’attenzione, altrimenti

non sarà in grado di vedere
nemmeno le costruzioni più gigantesche.

È la capacità di osservare, di vedere che ci permette di accorgerci

di ciò che ci sta intorno: quante volte, 

non vogliamo vedere…!

Si tratta del mondo interiore in cui vediamo all’opera l’unità

delle leggi naturali.

Le

sfingi sono a guardia dell’unità

e, secondo la Tradizione, la rappresentano: 

  • la testa umana indica l’intelligenza e il luogo dove agiscono le memorie e i pensieri;
  • il corpo di toro o di altro animale è la forza, la potenza dell’equilibrio;
  • gli artigli leonini indicano il bisogno di affermare il proprio coraggio, nei momenti di necessità;
  • possono spiccare il volo verso il sole, in silenzio, verso l’infinito,
    v
    erso il proprio destino.

Lavorando per unire i piani diversi, acquisiti, esistenti nell’interiorità, è possibile avvicinarsi e/o raggiungere e utilizzare le potenzialità innate che normalmente sono sottoutilizzate. In Egitto, appaiono come un

leone accasciato,

con lo

sguardo enigmatico che contempla e veglia sul punto dell’orizzonte dove si leva il sole.

Rappresentano   il guardiano della soglia

della vita nuova, differente.

In conclusione, le sfingi rappresentano sempre  l’auto-contemplazione, senza analisi delle leggi naturali innate.

Nel parco, è presente

un’atmosfera sospesa, che può incantare.

Le significative simbologie sospese nell’aria

fanno di questo luogo interiore-esterno

“una cosa che
solo a se stessa assomiglia”,

così come l’interiorità dell’essere umano.

Il simbolo del bosco sacro è tradizionalmente collegato al significato del

percorso interiore che
conduce a se stessi,

alla 

consapevolezza dell’innato dell’essere umano:

come, tra gli Egizi, si trova la stessa simbologia collegata ai Templi, i cui vari livelli corrispondono ai

diversi piani di coscienza.

 

Proseguiamo il viaggio.

“Voi che pel mondo gite errando vaghi di veder meraviglie alte e stupende venite qua… in voi stessi solo luogo del saper”:

a volte il

vagabondare per il mondo,
non sapere bene dove andare,
 pur avendo la spinta a muoversi,
non riuscire a fermarsi in un posto
può essere la

reticenza a trovarsi nel proprio posto,

 il rifiuto a leggere il mondo dentro di sé,  il solo luogo dove sia nascosta la  vera conoscenza.

 

Ci direzioniamo verso

Saturno

Incamminandoci verso sinistra,

incontriamo Saturno.

Nell’antichità, durante i

Saturnalia
(cerimonie rituali in onore del Dio),

era usanza che
i padroni servissero i servi,

per indicare il
rovesciamento delle situazioni, il ribaltamento della coscienza,

il superamento della

soglia interna,

 che spesso ci fissiamo come limite da non oltrepassare, perché

bloccati dai pensieri fissi,
dalle identificazioni, sempre uguali a loro stesse,
in cui ci ritroviamo e che ci
impediscono di sperimentare
stati di coscienza differenti.

Significa trovare 

  • l’inizio in ogni fine e viceversa,
  • sciogliere i blocchi indotti dal nostro stesso pensiero.

È la tappa che ci permette di passare a 

Giano

La vista a trecentosessanta gradi, 

la possibilità di vedere il non visibile, l’interno e l’esterno.

Giano, Januarius, la porta dell’anno, posto all’inizio del fluire dei mesi, è il Dio bifronte che può sorvegliare 

sia chi entra sia chi esce.

 

Rappresenta

l’espansione
della coscienza e della percezione:

infatti, è sempre presente davanti a porte, gallerie, luoghi di passaggio.

Il Giano interiore: all’interno dell’essere umano è intrinseca la possibilità di attivare

l’espansione della propria coscienza, è sufficiente decidere di farlo.

Attraverso e da Giano, ossia dall’espansione della propria coscienza, si arriva a 

Fauno.

È 

l’interiorità favorevole,

il simbolo 

dell’unione tra l’uomo e l’animale
(Fauno è metà uomo e metà capra).

Infatti, non si tratta di espandere la coscienza e di dimenticare la terra, bensì di collegarla alla mente, alla creazione

Fauno apriva anche le porte della fecondità.

La triplice Ecate

Presiede

all’apparizione dei contenuti e delle immagini dell’inconscio.

I suoi poteri sono temibili, così come ci appaiono talune delle potenzialità latenti.

Rappresenta la

coesistenza e l’unione-collegamento tra corpo-psiche-energia
(la triplice testa di Ecate lo indica),

da cui è possibile attuare la

propria scelta di vita: il bivio o nodo del destino.

Ci fa intuire uno dei raggiungimenti di consapevolezza possibili, rappresentati da:

Il Proteo e Glauco

è il vecchio del mare:
dall’acqua ha origine tutto
e l’acqua si adatta a tutte le forme.

 Rappresenta il

principio creatore,
l’energia prima, innata,
presente nella cellula.

 

Gea che partorisce dalla testa è l’idea intuitiva, creatrice, il figlio immortale.

È un pescatore, nato con la consapevolezza di essere mortale, che un bel giorno in cui alcuni suoi pesci, appena pescati, dopo aver mangiato una certa erba, ritornavano a vivere, decise di nutrirsi della stessa erba (le leggi innate) e la propria consapevolezza iniziò a

volare verso le resurrezione a
nuovi significati-significanti dell’esistere.

Evidenziò tale processo anche attraverso il

Mausoleo, simile alla tomba della sirena che si trova a Sovana.

 

La simbologia descritta può correlarsi con 

l’inizio della conoscenza, vera,

se stessi

come la ninfa marina racchiude i misteri dell’innato, rappresentati, qui, dall’albero di melograno.

Anche la vita, nell’accezione acquisita, può essere letta come un combattimento tra guerrieri (tra Io-psyché) che può fermarsi alla

lotta per l’affermazione del proprio potere 

o procedere verso i 

misteri dell’innato, operanti nella coscienza.

Una particolare lotta all’ultimo sangue è quella antica come l’essere umano, denominata

del bene contro il male: i due giganti,

Ercole e Caco. 

Quando manca la consapevolezza della fisiologia innata, da cui ciò che denominiamo il bene e ciò che denominiamo il male si evidenziano, 

una delle due componenti, il bene, deve vincere e l’altra, il male, perdere:

è, da sempre, la storia proiettiva, la coazione a ripetere dell’Io-psyché dell’essere umano.

Il vissuto del processo già incontrato del volare verso la resurrezione a

nuovi significati-significanti dell’esistere

ci suggerisce intuitivamente che è un

atto di conoscenza non denominarli,
riconoscerli nei gesti e nelle azioni che ognuno di noi compie,
osservarli, per consapevolizzarne la scaturigine, l’origine e risalirli (ascesi) fino alla
fonte originaria.

Secondo la tradizione, Caco rubò e nascose nella propria grotta quattro mucche e quattro buoi di Ercole, per ucciderli e nutrirsene. Ercole combatté contro Caco, liberò le bestie e distrusse il nemico. La sua espressione è serena, perché nell’atto di difendere i deboli (l’inconsapevolezza), il guerriero (l’Io-psyché) è “pulito”, la sua vittoria non prevede ricompense:

la sua intenzione è innata e quindi pura, così come la sua azione.

Il guerriero con la corazza sull’elefante, la cavalcatura dei re, è la realizzazione di tutto ciò che si può desiderare: la conoscenza.

È la compattezza della base, della terra, del terrestre, la sovranità del mondo terreno,

il governo degli opposti-complementari,

che ci permette il raggiungimento

dell’aequilibrium delle forze,

rappresentato dalla posizione del 

pronti a (…)

che la

Balena (orca) e tartaruga-donna alata

rappresentano.  Ognuno

è pronto a colpire

sia la balena (orca) sia la tartaruga-donna alata. È l’Io-psyché che proviene dalla storia del sopraffare l’altro ma che, dopo la

risalita e la transmutazione del bene e del male,

ritrova 

Aequilibrium.

 La tartaruga-donna alata 

è lenta ma vive tempi lunghissimi,
evoca stabilità, fermezza, eternità.

Il mito racconta che la sua corazza e il suo cervello

(ossia, la protezione, la saggezza, la sovra-sensibilità e la calma) servono a preparare 

l’elisir dell’immortalità.

La testa della tartaruga ha la facoltà innata di poter ritirarsi nella sua casa corazza che la protegge da attacchi. Nel corrispettivo interiore, è

la deprivazione (il ritiro) dei cinque sensi primari,
in favore dell’ipersensibilità,
della concentrazione,

potenzialità innate rese consapevoli. 

La donna alata, 

l’energia che si libera,

sovrapposta alla corazza-guscio della tartaruga (che significa anche, volta celeste), in aequilibrium di forze con l’orca, rappresenta l’energia che si libera, che inizia a volare come conseguenza di quella presa di consapevolezza.

L’Io-psyché è pronto ad incontrare 

Pegaso

il cavallo alato, ossia la prima metanoia raggiunta, procede a volar via,

per

annunciare la vittoria agli Dei (alle in-formazioni innate).

L’Io-psyché è selvaggio (istintivo) e libero, è la condizione per trasportare le folgori di Zeus, ossia le facoltà iper-sensibili.

Nasce dalle sorgenti dell’oceano: ricorda

l’impetuosità dei desideri,
dei contenuti del pensiero che
trovano la transmutazione, l’elevazione.

È il risveglio alla facoltà di creatività-creazione 
…che non può che condurre a
riconoscere la vitalità-forza del cavallo, unita alla capacità di volare
(facoltà di de-localizzazione dell’Io-psyché), per cui ci si svincola dalla forza del peso della gravità:
l’Io-psyché del ricercatore vola indomabile,
riesce a superare qualunque ostacolo terreno
(difese psicosomatiche).

Siamo, di fatto, già entrati nel

Ninfeo. 

L’Io-psyché vive il suo piccolo angolo di paradiso con le Tre Grazie, ossia con coloro che difendono

la purezza della natura e della vegetazione
(il corrispettivo interiore della natura in noi).

Si presentano come

tre giovani nude che si tengono per le spalle.

Due guardano verso una direzione, la terza nella direzione esattamente opposta e 

influenzano i lavori dell’Io-psyché, dell’interiorità.

È l’inizio della purezza insita nell’azione. Non s’incontrano mai di giorno.

Nel Ninfeo, si evidenzia una scritta incompleta:

L’antro la fonte il
li…… et d’ogni
oscuro pensier
Gl….. m…. com…

Siamo alla radice del pensiero, stiamo iniziando a capire come il pensiero nasca

e che la vita-autopoiesi non è una produzione del cervello, bensì un processo innato, movente nelle cose del mondo, dell’Universo.

Tutto è interpretabile come la conferma che nel Ninfeo, ossia nel luogo sacro per le Ninfe, la componente (innatamente bella) del principio femminile, possiamo rendere fertile la natura in noi,

processo rappresentato dalla fontana dei Delfini e dal Tritone che giace ai piedi della fontana.

È l’ambiente interiore, asimmetrico che

stimola gli stati Io-somatici, ad esso collegati.

Quindi, andiamo incontro a

Venere.

È il rinforzo della purezza appena raggiunta ossia la possibilità della sua evidenziazione istintiva,

il sentimento innato, senza secondi fini,
l’amore, l’energia che, per manifestarsi, non ha bisogno di un perché logico e razionale, di un motivo, se non la sua stessa esistenza, la vita, la pace del cuore.

Ed ecco che ci troviamo nell’interiorità, 

sol per sfogare il core: il Teatro e gli obelischi,

ossia l’amore e l’aequilibrium, già manifestati.

Possiamo viverlo nel teatro, 

che è il vivere e riconoscere l’evoluzione continua. Quanto finora raggiunto sta ad indicare

l’evoluzione continua,

indicata anche dall’obelisco, ossia da un monumento, costituito da un pilastro in pietra di forma di solito quadrangolare, allungata e sottile che 

punta diretto verso l’alto, come l’Io-psyché nel percorso di Bomarzo.

Alcuni hanno iscrizioni incise sulle quattro facce e terminano con punta a piramide o con teste:

l’Io-psyché è pronto a qualunque

ribaltamento, alla transmutazione di se stesso,

azione possibile e realizzabile nella 

casa pendente

dentro alla quale possiamo verificare come un determinato stato Io-somatico in circolo, un determinato modo di vedere e di riconoscere le cose del mondo possa

 tendere ad assumere la forma e la direzione di nuovi riferimenti, di nuove prospettive, di nuovi paradigmi esistenziali:
ha il potere di ribaltare definitivamente quelli vecchi.

È interessante notare come,

usciti dalla casa pendente, dopo
essere rimasti al suo interno per più di due ore,

la realtà esterna ci appaia strana, diversa, storta,
(anche i pavimenti interni sono inclinati), ovvero
come una dimensione prima rigorosamente dritta sia divenuta
rovesciata

(il mondo, dritto, da cui proveniamo è divenuto, come la casa, storto. Ci vorrà del tempo, per ripristinare la percezione sensoriale ordinaria, di sempre).

Se ben auto-somministrato, il vissuto della casa storta, dell’Io-psyché che può transmutare i riferimenti percettivi, può condurci a visioni oltre le quattro dimensioni, in cui ci riconosciamo e agiamo:

altezza, larghezza, profondità, spazio-tempo.

Quindi, evoluzione e l’incontro con 

Nettuno

Tiene un piccolo delfino a fianco di uno grande:

si tratta di simboli di rigenerazione e di rinascita a nuovi significati e alla penetrazione della vita.
Nettuno è l’insorgenza con continuità delle forze intuitive e sincroniche:
è l’acqua primordiale, la fusione finale, l’unione con il Tutto, interiore-esterno.

È lo stato di autoconsapevolezza che ci permette di comprendere il significato significante della  

Ninfa Dormiente
(o in termini moderni,
della Bella Addormentata nel bosco)

Sospesa tra il mondo del sonno-sogno e la morte, Nife, la ninfa dormiente e il suo cane di pietra ci indicano un’altra penetrazione della vita e del suo contenuto, la morte: la conoscenza prima,

l’Antropocosmo,

ossia ciò che modernamente denomino 

Universi-parte.

Ed eccoci a

Cerere

È il 

principio femminile cosmico,
(leggi ancora una volta, innato) che ispira
rigenerazione, dopo rigenerazione (il cammino non ha mai termine).

Procediamo, andiamo a ritroso e incontreremo:

l’Elefante, 

la creazione, il principio attivo non deteriorabile, innato, ecologico dell’essere umano, Ganesha:

  •  la testa, indica intelligenza e potere reale, discriminante;
  • le zanne rappresentano la capacità di superare ogni dualismo;
  • le orecchie larghe sono la capacità di ascolto (sintomo della saggezza);
  • la proboscide può combattere, avvolgere, prendere, separare, avere padronanza. Regge qualcuno, come simbolo di forza attiva;
  • il ventre contiene infiniti Universi, è la capacità di introiettare, di assimilare qualsiasi esperienza, senza timore;
  • le quattro zampe poggiano a terra, ad indicare saldezza, realtà materiale che si unisce a quella immateriale:
    vivere nel mondo senza essere nel mondo

Può essere consapevolizzato dall’Io-psyché (la figura che lo cavalca). L’Io-psyché può reggere ogni torre, ogni elevazione.

In questo quadro, si può evidenziare un grande guardiano della soglia, il

Drago

è l’unione degli opposti, tutti gli elementi realizzati in uno, ad un livello superiore. 

È un simbolo solare presente nell’inconscio collettivo di ogni Tradizione e cultura. 

Il termine deriva dal greco 

Drakon

che può significare serpente

(conoscenza)

ma anche guardare: in questo contesto

è colui che guarda lontano,

infatti. ha la vista interiore-esterna acutissima. Nell’accezione di dragh ayami, significa,

allungare

verso 

l’Orco 

per cui

ogni pensiero vola.

Ogni essere umano

interiormente può volare,
verso mondi transfiniti,

il che significa che, in conseguenza del sentiero conoscitivo già percorso e vissuto, possiamo entrare in qualunque bocca spalancata di qualunque orco, perché ora sappiamo, per averlo vissuto, che ogni ostacolatore, ogni immagine o rappresentazione terrifica, ogni paura-terrore è partecipabile e simultaneamente trascendibile. Le fauci dell’orco non rappresentano più le ansie, le aspettative, le inquietudini, la thanatos fobia, spesso presenti nel vivere. Ora, sappiamo come affrontarle in quanto stiamo partecipando che

ogni pensiero vola,

non è trattenuto.

Ed ecco

il Cantaro con la Medusa 

Il grande vaso, il Cantaro (altra forma di discesa agli inferi), alla cui base si evidenzia la Medusa, sono correlati al Drago e all’Orco. Atena trasformò i capelli di Medusa in serpenti e determinò che chiunque le guardasse gli occhi sarebbe stato trasformato in pietra. Ma la formazione raggiunta, che ha

permesso di vivere, di comprendere il drago, l’orco,
ci consente di guardarla negli occhi, senza divenire pietra, ovvero, fuor di metafora, senza divenire identificazione-fissazione nel solo sensorio percettivo.

Per questo, il pensiero, l’Io-psyché che lo produce, vola e continua a volare.

È soltanto a quel punto di consapevolezza che il cantaro-medusa può essere decodificato come il calice,

l’onda cristica.

L’Ariete dal vello d’oro 

In questo caso, rappresenta una delle espressioni del

logos

che significa 

scegliere, discorso su

ma anche ragione.

Il vello d’oro ha il potere di curare ogni ferita.

La panca etrusca

per riposare. Possiamo utilizzare la panca etrusca ossia per

lo srotolamento dei vissuti,

fino a quel momento praticati e riconosciuti, guidati dall’iscrizione:

Voi che pel mondo gite errando, vaghi  di veder meraviglie alte e stupende,  venite qua dove son facce orrende  elefanti, leoni, orsi, orchi e draghi”: noi stessi!

E proseguendo, incontriamo il

Cerbero

Favoloso cane a tre teste della mitologia greca, custode dell’entrata nell’Ade che significa

Invisibile

ma anche

regno dei morti.

Qui assume il significato di Io-psyché che 

diviene custode di se stesso, del proprio invisibile:
sta consapevolizzando maggiormente
le funzionalità del punto morte, in modo arcigno, severo.

Lo fa con le sue tre teste di cane, la coda di serpente e sulla schiena altri innumerevoli serpenti. 

È incatenato sulla porta dell’invisibile e attende le anime, gli Io-psyché. 

È l’ulteriore prova da superare come antidoto al considerare che un viaggio in se stessi possa terminare: una forma dell’essenza innata.

Ed ecco,

Proserpina

indica che gli incontri interiori sono senza fine.

Veneranda e terribile, collegata al mito di Demetra (la già incontrata Cerere), il suo nome significa

madre terra.

Rappresenta l’arrivo della primavera interiore, quando Proserpina torna dopo sei mesi di assenza. L’autunno interiore è consapevole, certo che la primavera Proserpina tornerà dopo altri sei mesi.

È l’eterna fanciulla,

correlata a 

Echidna Leoni e Furia

Ha la forma di un corpo di donna che termina con una coda di serpente (al posto delle gambe)

Vive rinchiusa in una caverna, l’interiorità ed ha generato figli terrificanti: Chimera, Idra, le Arpie, Cerbero. Ci ammonisce, ancora una volta, che la conoscenza non è mai finita, bensì è transfinita. Nell’immaginario collettivo dell’Io-psyché, simboleggia i 

continui ostacolatori alla realizzazione della consapevolizzazione dell’ordine implicito innato (ex ordine divino).
A questo punto formativo, se l’Io-psyché, per qualche motivo irrisolto, dovesse toccare (aggredire)
la famiglia e i parenti,  conoscenza e correlati, evidenzierebbe  le furie
e sarebbe capace di impazzire.  

Si tratta di mostri solari, quelli che precedono 

l’intuizione del Ventre, l’entità interiore
(Iside Sophya, la divinità dimenticata) che avvolge tutto,
in Egitto conosciuta con il nome di Nut.

Risalendo la rotonda, raggiungiamo il 

Tempietto del Ringraziamento, 

da non confondersi con quello recente (vedi foto sopra) ma da individuarsi in uno dei massi in apparenza anonimi che si trovano nelle vicinanze. Si tratta di un’opera che l’Io-psyché dovrà sentire nell’atmosfera, per poter riconoscerlo. 

Infatti, è soltanto un semplice masso, l’unico ornamento:

noi stessi.

Il viaggio, la vita, le emozioni, le situazioni, le risalite e le intuizioni che sperimentiamo in quell’arco di tempo che va da ciò che abbiamo chiamato nascita a ciò che abbiamo chiamato morte, è colmo di incontri, di segni, di guardiani, di prove, di messaggi più o meno oscuri che, se decidiamo di ascoltare e di osservare, possono condurci inesorabilmente al nostro Maestro più interno e al nostro Tempio dove ogni orpello, teoria, ideologia, religione, parere o idea  non hanno più ragione di esistere.

Può evidenziarsi la comprensione del 

v.i.t.r.i.o.l.u.m.

“Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem
Veram Medicinam.”

In definitiva, il Parco dei mostri di Bomarzo significa che, per conoscere, è necessario esplorare e consapevolizzare l’inconscio.

Non si tratta di un regressum ad uterum,

ma di  vivere che l’inconscio stesso è transfinitamente in essere, in azione:

sono le in-formazioni innate da consapevolizzare e, come dice Pirro Ligorio,

Ogni pensiero vola.

di Nello Mangiameli


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