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QUANTO ACCADUTO VERAMENTE A FOSSO IL RIO DOMENICA 8 AGOSTO 2016

In merito all’intervento del Soccorso Alpino Marche, dei Vigili del Fuoco, del personale del Comune e dei Carabinieri di Monte Fortino, in favore della squadra E.Co.A., da me guidata, ho sentito tante critiche, su quanto sarebbe accaduto.

Avendo vissuto l’evento in prima persona e da responsabile del gruppo, vi illustro quanto realmente accaduto.

Per comprendere bene il fatto, è necessaria una spiegazione preliminare.

La squadra E.Co.A. era formata da me, Maieuta di Sigmasofia Ecologia–Istruttore– e da altre due persone in formazione.

Essendo Fosso il Rio una forra propedeutica al prossimo corso per Istruttori, il programma concordato giorni prima era il seguente:

  • partenza da località Le Pisciarelle, con la muta indossata;
  • bagaglio al seguito di 3 corde, due da sessanta mt e una da settanta (per Fosso il Rio, possono essere sufficienti soltanto due corde, da cinquanta considerando che la calata più alta è di cinquanta metri). Quindi, le corde in nostro possesso erano più che sufficienti;
  • muta indossata, fin dall’inizio dell’avvicinamento, e ognuno carico di abbondante e adeguato peso, equamente distribuito (nell’Escursionismo Coscienziale Autopoietico, ciò è studiato e voluto, per allenare e forgiare lo psicosoma del Ma.S.E. Istruttore; talvolta, si procede, anche con lieve corsa). Specifico questo, per rispondere alle critiche, secondo cui è un errore la scelta dell’abbigliamento, durante l’avvicinamento. Spesso, per allenamento, partiamo direttamente da casa con la muta indossata!
  • Entrata dall’accesso più alto della forra (molti iniziano dall’eremo di San Leonardo, situato prima della metà dell’avvicinamento complessivo). Lo scopo é percorrere più strada in salita e più progressione in forra (non è inutile, ma adeguatamente allenante).
    Alle presunte difficoltà iniziali, da qualcuno ipotizzate, non ci siamo bloccati e nemmeno ci siamo trovati in difficoltà con gli armi delle prime calate (anche se sono in condizioni orrende e molto pericolosi e andrebbero sostituiti). Con i dovuti accorgimenti, siamo scesi tranquillamente e in brevissimo tempo, senza sbavature!
    Non c’era moltissima acqua, ma abbastanza da rendere impegnativa e tecnica l’ultima calata, quella preceduta dal toboga. A quel punto, abbiamo impiegato un po’ di tempo in più, ma non abbiamo avuto alcun problema ad allestire quella calata, anche se è stata impegnativa: l’armo è abbastanza esposto e in alto. In ogni caso, l’abbiamo affrontata e anche qui senza alcuna sbavatura o errore.

Per non essere equivocato, ripeto che la progressione in forra è stata assolutamente fluida e senza alcun inconveniente!

Il problema, di cui sto trattando in questo reportage e che ha dato il via alle proiezioni critiche, è sorto esattamente da metà in poi del sentiero in quota, quello che consente di rientrare alle Pisciarelle (dove avevamo parcheggiato le auto).

Spiego quanto accaduto.

In E.Co.A. (Escursionismo Coscienziale Autopoietico), esiste un allenamento (si chiama pan-kration) che prevede la preparazione alle situazioni, in cui si può provare stanchezza (quella sarebbe stata una buona occasione). Eravamo in progressione dalle 08.00 della mattina–inizio avvicinamento e, al momento dell’uscita sul sentiero, erano circa le 18.00, per cui poteva essere il momento adatto a provare la tecnica che consiste nell’aumentare lo sforzo quando si è al limite delle forze: si applica una tecnica psicosomatica, per risvegliare energie latenti, nel momento in cui si mollerebbe tutto. Abbiamo sperimentato quella tecnica, procedendo verso il basso, poi ritornando verso l’alto, quindi, di nuovo verso il basso, e così via (chi conosce quel percorso sa che è impegnativo). Nel momento di massima stanchezza, si cerca di risvegliare quella forza più profonda, in oriente si chiama forza del chi, ki che io denomino bios. Con questo sistema, siamo arrivati ad oltre la metà del sentiero di rientro, seguendo l’indicazione, per cui il primo del gruppo deve sempre poter percepire l’ultimo e l’ultimo deve sempre poter percepire il primo; il resto della squadra è in mezzo e percepisce i due Ma.S.e. responsabili. A quel punto, si era fatto effettivamente un po’ tardi. L’inconveniente si è palesato, esattamente quando F.C., in difficoltà si è fermata e F.D.M. ha proposto di portare il sacco con la corda, mentre lei avrebbe portato lo zaino (con tutto l’equipaggiamento). F.C. ha accettato l’aiuto offerto. Ma, anche lui era molto stanco, per cui, procedendo ancora ha una crisi, proprio nel momento in cui stavamo salendo per l’ennesima volta il costone. Lui riferisce di essersi reso conto di non farcela a risalire per l’ennesima volta, con quel kit boule, con corda da settanta metri, diventato, per lui, puro piombo. D’impulso, ha deciso di proseguire da solo, trasgredendo la rigida regola E.Co.A. del primo guarda l’ultimo e l’ultimo guarda il primo: l’ha razionalizzata, dicendo che oramai eravamo arrivati al ponticello delle Pisciarelle. Ha pensato di direzionarsi verso il torrente e di risalirlo. Ma, non è così semplice risalire dall’alveo e, trovatosi di fronte ad una cascata impossibile da superare con due corde–zavorra,- ha deciso di lasciare la corda di settanta metri, sotto una roccia (anche questo in E.Co.A. è considerato un errore, ma lui dice che non ce la faceva proprio più). Anziché aggirare la cascata che aveva di fronte e, da lì, arrivare alle Pisciarelle, dopo pochi minuti, ha deciso di tornare indietro, per trovare chissà quale altro sentiero (iniziava ad imbrunire…). Visto che la stanchezza e lo stress erano alti, sempre irrazionalmente, ha deciso di abbandonare anche il secondo kit-boule, con l’imbrago ed il resto del materiale: l’intento era quello di tornare in un altro momento a riprenderli (non ce la facevo proprio). Nel frattempo, F. C. ed io (arrabbiati con F.D.M. che aveva deciso di fare di testa sua, abbandonando la squadra, errore gravissimo che gli ritarderà sicuramente il raggiungimento della qualifica di Ma.S.E. Istruttore E.Co.A., e senza neanche fischiare ed avvertire per quanto stava accadendo), decidiamo per l’ultima volta di scendere di nuovo, per farci poi la risalita finale e completare l’allenamento (avevamo ancora qualche energia rimasta). La coincidenza incredibile ha voluto che discendessimo proprio nel primo punto dove F.D.M. aveva abbandonato il kit boule da settanta mt. Appena l’ho visto incastrato sotto una roccia, di traverso, ho pensato, Vuoi vedere che gli è caduto il sacco da sopra, mentre rientrava? Ci siamo così affrettati ad uscire, pronti a chiedere spiegazioni a F.D.M, sicuri che lo avremmo trovato alle macchine. Siccome la stanchezza era intensissima anche per noi e considerato che mancavano un centinaio di metri alle Pisciarelle, a noi visibili, ho deciso di chiedere a F.C. di andare alle macchine, senza zaini, io l’avrei aspettata lì e, nel frattempo, avrei dato un ulteriore sguardo (il fatto di aver trovato il sacco di F.D.M mi preoccupava). Arrivata alle macchine F.C., si è accorta che F.D.M non c’era ed erano già le 20.30. P., che ci faceva da gancio, aveva già allertato i soccorsi (le avevo detto di avvertire i soccorritori, se per le 20.00 non avessimo telefonato). Quando P. riceve la telefonata di F.C. con cui le comunica che stavamo tutti bene, avverte la squadra di soccorso che la situazione era risolta. In ogni caso, gli operatori del soccorso alpino Marche avevano allertato i Carabinieri, che noi avremmo dovuto incontrare alle Pisciarelle: sarebbero comunque venuti, per accertarsi della situazione. F.C. è tornata a dirmi che F.D.M. non era alle macchine e io, nel frattempo, non avevo notato nulla di anomalo. Di fretta, arriviamo al parcheggio, ma di F.D.M. ancora nessuna traccia. Dopo un minuto circa, arrivano i carabinieri; un Maresciallo ci dice Sono stato avvertito del vostro inconveniente e siamo venuti a controllare se potevate aver bisogno di aiuto. Quindi continua, Siete in tre e siete usciti tutti e tre! A quel punto, ovviamente, abbiamo detto che effettivamente eravamo soltanto in due. E lui ribatteva di aver ricevuto la comunicazione secondo cui la questione si era risolta positivamente. Ho spiegato il tutto, ma nulla, i suoi sospetti crescevano, vista la peculiarità del racconto e della spiegazione. Ci dice Io mi baso sui fatti il vostro, racconto è per me sospetto e procederò con il vostro fermo giudiziario, fino a chiarimento definitivo della situazione, ossia al ritrovamento dell’ormai considerato disperso F.D.M. A quel punto, sono stati i Carabinieri ad attivare i pompieri, l’ambulanza e il soccorso alpino Marche (e non noi!). A quel punto, considerato che F.D.M. è abbastanza esperto di escursioni, anche notturne, e non era ancora arrivato, ho pensato che potesse essere caduto e svenuto, in fin dei conti avevamo trovato il kit boule abbandonato sotto una roccia sull’alveo del fiume! Decido di togliermi la muta, ormai ridotta molto male, mi cambio, ri-indosso le Hidro pro, metto un frontalino per la luce, pensando che F.D.M., non avendo più il proprio zaino (lo aveva scambiato con F.C.), si sarebbe trovato anche senza nessuna possibilità di illuminazione, era notte e la visibilità nel bosco, assolutamente zero. Dico al maresciallo dei Carabinieri e che, come lui non avrebbe lasciato in difficoltà i suoi colleghi, io sentivo di andare a cercare F.D.M.; gli chiedo di poter farlo (ci aveva dato il divieto di muoverci da lì), e, insistendo, si convince. Ripercorro a ritroso il sentiero e lo faccio tutto di nuovo, la stanchezza cominciava ad essere forte anche per me, ma procedevo. Urlo a squarciagola il nome di F.D.M., con una eco per tutta la forra, ma nulla. Nel frattempo, vedevo le luci di emergenza dei pompieri del soccorso e l’ambulanza arrivare. Sia i pompieri che quelli del soccorso alpino hanno detto al maresciallo di aver sbagliato a farmi andare da solo a cercare F.D.M. Sapevo che avevano profondamente ragione: è un errore! Ho commesso un errore, ma la mia valutazione è stata: Da più di quindici anni, insegno ai gruppi ad andare in escursione notturna, senza utilizzare le luci (una tecnica del pan kration). Ora, mi trovo in una situazione reale, in cui posso aiutare una persona amica, che frequenta da quindici anni e mi tiro indietro? Non ho agito irrazionalmente, ho deciso, in scienza e coscienza, di provare ad aiutare un amico, consapevole delle mie possibilità, assumendo direttamente il rischio: non è necessario alcun altro commento oltre questo. Rifarei lo stesso! Confermo, però, che il mio rispetto a considerazioni e necessità più ampie è un errore. Ho percorso il sentiero due volte, avanti e dietro, ma di F.D.M. nessuna traccia. Nel frattempo, un operatore del soccorso alpino mi ha raggiunto, per invitarmi ad uscire velocemente dal bosco, in quanto avrebbero preso in mano loro la situazione. Ovviamente, ho accettato senza esitare e senza discutere. Nel frattempo, i pompieri si sono posizionati subito dopo la sbarra di ingresso alle Pisciarelle, davanti ad una apertura nel bosco, da dove si può osservare la cascata di uscita della forra e l’hanno illuminata a giorno. Dò loro l’indicazione di guardare da metà del percorso verso le Pisciarelle, punto che avevamo superato insieme a F.D.M. Ho pensato che sarebbe potuto cadere da là in poi, non avrei mai potuto immaginare che invece si fosse recato dalla parte opposta (altro errore: i protocolli E.Co.A indicano di fermarsi e di aspettare gli altri del gruppo, quando possibile, nel luogo dove è avvenuto l’inconveniente). Intanto, due operatori del soccorso alpino erano entrati per un sopralluogo, non trovando assolutamente nulla, se non le nostre tracce, in quanto eravamo appena usciti. Il caso ha voluto che uno di loro, posizionato sul belvedere precedente, sentisse il suono di un fischietto, non coperto dal rumore bianco dell’acqua, ed illuminasse a giorno il luogo da cui, presumibilmente, proveniva il fischio. Di lì a poco, l’intera squadra di soccorso si è recata nel luogo individuato, trovando F.D.M., lievemente disidratato e scosso dall’accaduto. Alla notizia del ritrovamento, il Maresciallo, comunque e in ogni caso, ha tirato un sospiro di sollievo, comunicandoci che, una volta sentito e chiesto a F.D.M. come fossero andate le cose, non avremmo avuto più nulla di cui preoccuparci. Si è dimostrato molto gentile, lo ringrazio, ha regalato a F.C e a me due panini con la mortadella che, dopo quella giornata, ci sono apparsi, seriamente, un salvavita! Grazie ancora alla professionalità del Maresciallo, di cui non ricordo il nome.

Tornati con F.D.M, prima disidratato e poi rifocillato, si è chiarita con lui tutta la situazione.

Era quasi l’una di notte e siamo andati via.

Ricapitolando:

per tutta la durata della progressione in forra, non ci sono stati problemi tecnici o esistenziali, fino ad oltre la metà del sentiero di rientro: soltanto un tilt da parte di un singolo partecipante, durante un momento di eccezionale stanchezza, dovuta all’intensità straordinaria dell’allenamento che, peraltro, sarà rigorosamente posto in elaborazione, per poter agire le adeguate azioni correttrici.

Non ci sono danni fisici o psichici per nessuno.

Ho scritto il racconto dei fatti, per affermare che la Via di conoscenza Sigmasofia è la Scuola che dispone di un sistema operativo di progressione per qualunque tipologia di ambiente naturale, tenendo anche presente tipi diversi di persone da accompagnare, compresi i diversamente abili; cura, in particolare, la sicurezza che, in ogni caso, non è mai tecnicamente assoluta: recentemente, due alpinisti eccezionalmente competenti e preparati, hanno avuto un incidente durante un’arrampicata, con conseguenze letali.

Tutte le tecnologie di progressione, uniche e innovative, saranno a breve raccolte nel mio libro S.T.o.E. Ecologica, che verrà pubblicato dalla Casa Editrice La Caravella. Al momento, tali tecnologie sono state insegnate (in parte) soltanto a sei persone, ricercatori in Sigmasofia.

A tutti coloro che esprimono commenti critici sulle modalità di progressione dell’E.Co.A., ricordo che non si trovano nella condizione di poter affermarli, in quanto, semplicemente, non conoscono le tecnologie innovative utilizzate! Quindi, non è possibile criticarle, senza cadere in proiezioni personali (ad oggi, nessuno degli esterni alla Scuola ha ancora partecipato ad un corso per Ma.S.e. –Istruttori-).

Questo è quanto mi sento di rispondere a chi, dopo l’inconveniente in forra, ha evidenziato dubbi sulla progressione da me proposta e seguita.

Ne approfitto per ringraziare di cuore tutte le persone del soccorso alpino Marche (persone a mio avviso veramente speciali e preparate!) e ovviamente tutti gli altri di grande professionalità e competenza.

Per il valore che può avere, di nuovo grazie!

 


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