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APPLICAZIONI DI SIGMASOFIA ECOLOGICA –

di Francesco DI MARIO

La Sigmasofia Ecologica e uno dei suoi strumenti operativi, il torrentismo coscienziale autopoietico (To.Co.A.), fondati da Nello Mangiameli costituiscono per me una grande palestra di intreccio di emozioni, di istinti, di atmosfere sospese, di energie sovrasensibili, di allenamento fisico. Questo intreccio di elementi è stato sempre da me vissuto ed elaborato mettendomi in discussione sul piano psicologico, fisico ed energetico/autopoietico. Si è operato e si è lavorato attraverso la fusionalità con i fiumi, la terra, le grotte, gli alberi, il sole, la notte. Si applicano molte tecniche operative di empatia con la natura, dosandole in base alle caratteristiche del gruppo. Le reazioni possono essere in ognuno intense e fluide che portano ad avanzare lungo il percorso, ma anche intense e di blocco che portano a fermarsi e a tornare indietro. Ricordo quando alla semplice consegna di realizzare un giaciglio di foglie, per esempio, mi veniva di oppormi, di non adempiere. O di notte quando, da solo, lungo i sentieri, qualunque stupido ostacolo mi bloccava emozionalmente. Quando arriva l’emozione bloccante in Sigmasofia Ecologica, ci si ferma per un attimo o più attimi e ci si concentra con intento conoscitivo su di essa, senza scappare sia in chiave psicologica, ma, anche in chiave fisica!

Avendo praticato per molto tempo escursioni con questa intenzionalità ho scoperto le mie capacità ad andare avanti ma anche le mie difficoltà. Difficoltà, che quando sono state trasmutate hanno arricchito le mie capacità ad adattarmi alle situazioni e a trasformare emozioni. Il maieuta in Sigmasofia ecologica tenta di trasmettere pratiche empatiche con la natura, avendo sperimentato i posti, i blocchi, l’emozioni collegate, le meditazioni dinamiche (le autopoiesi olosgrafiche) per molto tempo. Con questi presupposti si inizia, per conto proprio o in gruppo, nel caso di distonie e di blocchi, il lavoro di auto-indagine sull’emozione e ciò che è oltre l’emozione, semplicemente stando nei posti dove si fa trekking e dove si è verificata la distonia. Si respira profondamente, facendo fluire i pensieri, si guarda nel particolare ma anche nell’insieme, si applicano eventualmente tecniche di meditazione dinamica, tutto finalizzato al superamento dell’eventuale ostacolo/blocco interiore ed esterno e a percepire in maniera più amplia il luogo che si sta visitando. La finalità e tentare di allineare i pensieri e le emozioni ai ritmi naturali presenti in noi stessi e nel posto che si sta visitando. Successivamente durante le eventuali elaborazioni di tali vissuti, si possono vedere le analogie nella vita di tutti i giorni, di quando ci blocchiamo o andiamo spediti, di quando vorremmo fuggire da quel problema o di quando lo affrontiamo. Ciò che permette, in Sigmasofia Ecologica, questo tipo di analogia è l’emozione che è presente e comune, sia nella vita quotidiana e sia durante la pratica escursionistica. Questo approfondimento sulle emozioni e sulla psicologia in generale, non è legato solo ad eventuali momenti di paura ma è sviscerato a 360 gradi e può riguardare emozioni e meccanismi psicologici sia essi vissuti, tra virgolette, come negativi e sia essi vissuti come positivi. Inoltre, può riguardare la penetrazione, trasmutazione dell’emozione fino a scorgere sempre più l’energia che la forma. Si estende l’indagine e l’approfondimento, in questo senso, su tutti i 33 ostacolatori presentati e descritti da Nello Mangiameli nel testo specifico Sigmasofia Io somatica della S.T.o.E. (Sigmasophy Theory of Everything) e sui vissuti energetici/autopoietici.

Mi è sempre piaciuta l’idea, da quando mi venne presentata la Sigmasofia ecologica, di indagare me stesso, di conoscermi meglio attraverso il meraviglioso modo che è quello di farlo stando in natura. Perché spesso vedo me stesso e a volte anche gli altri! che non funzioniamo al meglio, facendo emergere, stress, conflitti, ostacolatori, nel senso sigmasofico io somatico, come la violenza, il potere, l’onnipotenza e l’impotenza, l’ambivalenza, il dolore, la gioia, la depressione, la nevrosi, l’innamoramento, la paura del punto morte. Ostacolatori che se sono presenti dentro di noi a maggior ragione possono essere presenti ed affiorare durante le pratiche di escursionismo. Per esempio, un semplice attraversamento di un fiume in inverno a piedi nudi, può destare entusiasmo esagerato o voglia di bloccarsi e tornare indietro. Molto spesso dietro a queste reazioni sia nell’avanzamento e/o al contrario nel tornare indietro possono affiorare ed essere letti degli ostacolatori come ad esempio l’onnipotenza e/o l’impotenza. Le numerose spiegazioni in chiave, quindi, simbolico – reale conseguenti al vissuto ecologico dei meccanismi io-somatici che si sperimentavano nelle escursioni danno una visione psicologica molto chiara dal punto di vista razionale. All’inizio anche durante gli stage di Sigmasofia Io somatica, realizzati in palestra, capivo bene razionalmente tali meccanismi ed ostacolatori, ma come ho ben compreso dopo, a fatica, non significava questo saperli gestire o averli risolti, anzi era l’inizio di un’identificazione razionale bloccante di emozioni più profonde. Anche se la chiarezza e l’onesta intellettuale mi hanno aiutato a rimanere saldo nei momenti di forti vissuti emozionali, da me vissuti come brutti. La Sigmasofia ecologica, inclusa negli stage Io somatici, mi ha sempre profondamente aiutato in questi momenti, proprio perché attraverso l’azione fusionale in natura, le atmosfere incantate e sempre nuove ai miei occhi, le tecniche energetiche praticate lungo i costoni di Barbarano e Norchia, mi hanno contenuto ed aiutato nei momenti difficili di vita e di elaborazione emozionale. Anzi la Sigmasofia Ecologica in questo senso può essere lo strumento di superamento dei momenti difficili e quindi di elaborazione di quelle stesse difficoltà.

Alcuni elementi che mi sono molto piaciuti, come accennavo prima, è che le escursioni che si praticavano non erano solo semplici passeggiate, ma, per esempio, poteva accadere che ci si arrampicava lungo i costoni, ci si immergeva nei fiumi freddi, si entrava, strusciando a terra, nelle grotte buie, si praticavano escursioni notturne e tanto altro di empatico e fusionale con i posti che si visitavano. Si forzando nell’avanzamento, ma sempre e comunque rispettando il tono e il contesto dei partecipanti. Ciò mi dava il senso della sicurezza e contemporaneamente della scoperta di atmosfere e posti sempre nuovi, di situazioni e sensazioni mai provate fino allora, di puro divertimento. Mi allenavo così ad abbassare le difese, le resistenze, le razionalizzazioni durante l’azione, qualunque essa sia, e a potenziare la percezione interiore. Nel senso che sempre per analogia ciò che raggiungiamo come superamento delle proprie avanguardie all’esterno durante tali percorsi, per logica, anche interiormente raggiungiamo un avanzamento in termini emozionali e meditativi. Proprio così, la risalita di un costone ripido e l’immergerci nelle fredde cascate dei fiumi ci costringeva ad aumentare la concentrazione, la coordinazione, la volontà, la precisione, la trasmutazione dei pensieri distonici, le eliminazioni delle chiacchiere inutili, che spesso ci facciamo con noi stessi e con gli altri pur di non agire, di non sperimentare nuovi vissuti. Inoltre c’è l’impegno fisico e muscolare che scarica tensioni, stress accumulato durante giorni, spesso, sempre uguali con il lavoro e la famiglia. Si scoprono nel contempo profumi di piante e sapori della terra spesso dimenticati. Si forma un tono muscolare, si ossigena il sangue e si aumenta la capacità polmonare.

Quindi l’insieme di vissuti empatici con la natura, possono portare, se elaborati bene, ad una maggiore conoscenza di se sul piano emozionale ed autopoietico. Conoscenza di se, che è possibile estendere dal piano fisico al piano psicologico, ma anche fino agli stati meditativi più profondi partendo anche dalle piccole emozioni, sia esse negative e/o positive. In sintesi, si partecipa l’emozione, la si attraversa, la si vive e la si trasmuta direzionandosi, non in un’altra emozione ma verso le energie sovrasensibili, autopoietiche presenti in natura e in noi stessi legate inscindibilmente e coscienzialmente ai nostri pensieri, alle emozioni e al soma. Percorso difficile questo, ma che ho visto essere molto facilitato attraverso le tecniche di autopoiesi olosgrafiche applicate durate il momento in cui l’emozione, la distonia era in circolo.

Quindi attraverso la sperimentazione in Sigmasofia ecologica mi sono accorto sempre di più che corpo, psiche e ciò che li forma e li alimenta sono profondamente legati. Quindi il soma e la psiche praticando allenamenti di meditazione dinamica in natura possono essere più facilmente rigenerati.

Voglio raccontare una mia ultima vicenda personale frutto per me di continue e nuove elaborazioni Io somatiche ed energetiche/autopoietiche. 

Recentemente durante il To.Co.A. mi sono trovato a intraprendere situazioni estreme e molto difficili che mi hanno portato a mettere più attenzione al mio sistema di valutazione inerente le azioni che si possono compiere durante le pratiche escursionistiche e in generale durante la mia vita di tutti i giorni. Ne ho ricavato che alcune cose le faccio più facili di quelle che sono, quando in realtà sono molto più difficili e complesse. Infatti nella vita mi capita di intraprendere con entusiasmo un progetto sottovalutandolo, pensando che sia potenzialmente facile, così all’atto pratico spesso si rivela più difficile di quello che pensavo come, per esempio, scrivere questo articolo! realizzare corsi di E.Co.A. (Escursionismo coscienziale Autopoietica), prendere una casa, etc.  Così spesso mi fermo e non realizzo, affidandomi ad altri, non avendo previsto e lavorato su più elementi necessari, disperdendomi con pensieri, razionalizzazioni ed emozioni non utili.

Altre volte invece cose semplici le rendo più difficili, quando in realtà non lo sono. Elemento questo, che, poi, è anche legato a quello precedente descritto.

È successo che stavo facendo un fuori pista per raggiungere uno zaino importante che era stato dimenticato da una persona del gruppo. Mi dirigevo così in su, verso il bosco per raggiungere una calata precedente, abbastanza alta nella forra di Riancoli. L’arrampicata era molto ripida su terra, rocce ed alberi ed ero con la muta da sub ed imbraco. All’altezza di circa dieci metri dal fiume c’era un tratto in cui mancavano punti d’appoggio. Ma la presa di un ramo secco, che a stento ancora si teneva a terra, mi ha fatto passare. Dopo di che, la salita era sempre molto ripida, ma era più sicura, perché c’erano alberi per sostenersi in caso di scivolata. Quando ho iniziato questo fuori pista, uscendo dal torrente, speravo e credevo di poter risalire e riscendere in un punto a monte dove avrei trovato lo zaino con dentro la corda di soccorso. Corda che mi sarebbe servita poi per scendere di nuovo in acqua lungo la forra. Pensai ancora che se non fossi riuscito, comunque, sarei tornato indietro fino al punto in cui sono entrato. Mi preparavo ad applicare gli allenamenti di escursionismo empatico e selvaggio fatto per anni nei boschi di Barbarano e Norchia. Così, sbagliando profondamente, non mi portai la corda di soccorso pensando che mi avrebbe ostacolato e appesantito la difficile salita. Infatti, dopo tanta risalita e arrampicata tra sassi, terra e piante non c’era il percorso per poter raggiungere lo zaino dimenticato e mi trovai difronte una parete completamente verticale e molto alta proprio sopra al punto in cui c’era lo zaino. Così sono dovuto tornare indietro perché non avevo con me una corda per calarmi in quel tratto. Situazione questa che io non avevo proprio previsto. Potevo calarmi da un albero se avessi portato la corda e scendere verso lo zaino dimenticato. Invece pensai di poter trovare un sentiero senza l’ausilio della corda ed una volta arrivato allo zaino avrei preso al suo interno la corda per scendere di nuovo lungo il torrente. Per cercare, così, la via d’uscita ero stremato dalla fatica, non producevo più salivazione e mi aiutavo con il sudore per riprenderla. Al pensiero di ripassare in discesa nel tratto difficile, senz’altro appiglio che no il solo ramo secco, dove molto probabilmente, vista anche la stanchezza, c’era un possibile rischio di scivolare, iniziavo a produrre pensieri come: sono senza uscita, ma chi me l’ha fatto fare, qui mi faccio male, qui ci lascio la pelle. Così, applicai la tecnica di non dare, assolutamente, spazio a questi pensieri ed emozioni, ma continuare l’empatia con la terra, gli alberi cercando fortemente lo stato fusionale senza farsi prendere dalle emozioni legate al fatto di non riuscire. Quindi facevo bei respiri, lo sguardo non solo nel particolare ma anche nell’insieme, tecniche di centralità (autopoiesi olosgrafiche) atte a gestire l’emozionalità che mi stava bloccando e affaticandomi di più. Così decisi di avvicinarmi all’ultimo albero esposto e ho chiesto aiuto forsennato nel farmi tirare la corda e scendere senza il rischio di dover cadere. Ero vicinissimo all’ostacolatore Io-somatico, “apprensione-paura-terrore”. A volte nella vita ci si può trovare in situazioni sempre per analogia di timore, preoccupazione, ansia, fobia, terrore panico. Per un lavoro, per un esame, per un figlio e via dicendo. Come fa notare Nello nella descrizione di tale ostacolatore nel testo Sigmasofia Io somatica, “a ben osservare la paura è perfettamente funzionale perché è un sintomo, uno stato coscienziale che ci avverte, ci segnala un pericolo. Ma il fatto che “l’aggredior” l’emozione aumenti fino al terrore, al panico resta comunque un indicatore che non stiamo risolvendo la situazione di vita in cui ci troviamo”. Quindi bisognava cambiare stato, trasmutare l’emozione in circolo e agire, anche se l’emotività, la paura era alta. Questo anche solo per il fatto di relazionarsi con gli aiuti del gruppo. Aiuti che poi sono arrivati miracolosamente! attraverso l’avvicinamento di un ragazzo del gruppo, Francesco, che anche lui, salendo i primi dieci metri per potermi tirare la corda si stava esponendo vicino al punto critico. E vero che poi sono riuscito a gestire questa emozionalità e situazione, ma l’errore, comunque, l’avevo commesso a monte, per farla comoda non avevo portato la corda. E questo è un altro insegnamento importantissimo per me per la mia vita. Che spesso scelgo la situazione comoda, situazionista, appoggiandomi quindi, anche su gli altri.

Il potere del fare è applicato nel To.Co.A prima di tutto alla capacità introspettiva, partecipandola, indagandola e trasmutandola simultaneamente e contemporaneamente durante l’azione ma anche dopo il vissuto per ulteriori elaborazioni atte ad effettuare eventuali azioni correttive. Per esempio, in quel momento ci trovavamo nella situazione di dover trasmutare la paura, la preoccupazione e il terrore, per la situazione di pericolo in cui ci trovavamo, io attaccato all’albero impaurito e stanchissimo e l’altro Francesco alla parete con pochissimo appoggio e sempre più preoccupato. L’azione che ho poi attuato per salvare Francesco, dopo che lui, portandomi la corda, aveva salvato me!, mi è stata suggerita da Nello, che dal basso mi dava le indicazioni di calarmi subito in corda doppia intorno all’albero e recuperare in orizzontale a quattro metri di distanza, l’altro Francesco.  E all’altro Francesco, Nello dava l’indicazione di non muoversi e non tentare altre strategie. Quindi mi piace pensare che il lavoro di conoscenza nel To.Co.A non è solo nella tecnica della corda doppia, ma nella prevenzione delle azioni e nella gestione delle proprie emozioni, proprie conflittualità, proprie felicità e tristezze mentre si fa torrentismo, mentre si vive. Per questo il torrentismo coscienziale autopoietico l’ho vissuto perfettamente utile dal punto di vista sportivo ma anche e soprattutto dal punto di vista emozionale e di autoconoscenza.  Lavoro di gestione emozionale, fisica ed autopoietica che alla lunga, mi ha sempre aiutato nella vita di tutti i giorni.

Questa esperienza, questa paura, questo coinvolgimento del gruppo e soprattutto il fatto di non essere riuscito ad raggiungere il sacco creando altri potenziali problemi al gruppo, mi fa dire di aver commesso ancora di più l’errore di non aver portato la corda e quindi di non aver valutato bene la situazione a 360 gradi, ma di essere rimasto troppo identificato nel particolare e non nella visione d’insieme. Lezione per me utilissima, soprattutto in questo momento, come ricaduta nella mia vita quotidiana. 

In fine gli atti semplici che io rendo difficili l’ho vissuti nell’impotenza di saltare in acqua da altezze medio alte. Non riuscivo a capire perché queste mie gambe così mediamente muscolose non si muovevano e non riuscivo a saltare. E anche qui c’è una meravigliosa analogia con la mia vita di tutti i giorni legata per esempio a rimanere troppo attaccato al passato, alle emozioni, alla paura di fallire, di non riuscire e mai, quindi, di tentare di lanciarsi verso un qualcosa di nuovo anche se fa un po’ paura. Pur avendo forza fisica nelle gambe sufficiente a lanciarmi, l’emozione mi bloccava e mi faceva perdere forza. Pur vedendo che la cosa era fattibile, in quanto altri la praticavano, rimanevo immobile. Così piano, piano ho iniziato a lavorarci, anche solo meccanicamente, partendo anche da salti più bassi. A forza di rifletterci, praticare salti e di indagare come spiegato prima durante gli allenamenti in Sigmasofia ecologica, sono riuscito ad arrivare ad un buon livello di salti in acqua. Ma questo non è tanto significativo per la prestazione in se, anche se è bella, ma quanto per l’emozione che mi bloccava e che sono riuscito a sciogliere. E questo ha già degli effetti, come ricaduta nella mia vita quotidiana.

Per finire con l’esperienza della forra di Riancoli del 10/05/2015, lo zaino, importante come simbolo per il gruppo, poi è stato recuperato. Siamo arrivati alla macchina e siamo risaliti all’inizio della forra e Nello e Annalisa hanno ripercorso tutta la forra per recuperarlo. Secondo giro che poi è stato segnato da un incidente grave per Nello rompendosi una caviglia. 

Tutta questa giornata poi è stato oggetto, come sempre, per il gruppo di profonda elaborazione guidata da Nello, dove ognuno è andato ad osservare, cosa ha vissuto durante la giornata di Riancoli per poter comprendere meglio cosa ha messo in atto, ed attuare prossimamente l’azione correttiva. Il tentativo è che ognuno fa questo per se senza disperdersi in opinioni o giudizi sugli altri.

Opinioni che, come spesso ci ricorda Nello, possono essere date e che sono rispettate, ma che non fanno assolutamente parte dell’elaborazione del vissuto del Torrentismo Coscienziale Autopoietico, in breve To.Co.A. Non perché non si può fare, anzi si fa anche spesso, ma perché l’opinione sull’altro è un’altra cosa, rispetto alla propria elaborazione del vissuto. Per questo l’E.Co.A. è psicologia, autopoiesi in natura insieme anche all’aspetto sportivo.


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