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LA PROFILASSI, LA TRANSMUTAZIONE E L’AUTO-RIGENERAZIONE-GUARIGIONE DURANTE L’E.Co.A.



Conseguenze della pratica E.Co.A.

Dopo più di trenta anni di pratica dell’

E.Co.A.

(Ecologia-Escursionismo Coscienziale autopoietico)

posso affermare che tale capacità di

muoversi nella coscienza

e simultaneamente in

ogni tipologia di ambiente naturale,

anche selvaggio, determina

  1. l’espansione della propria auto-consapevolezza
  2. la remissione di diverse patologie, psicosomatiche
  3. che l’Io-psyché-cervello funzioni in modo più coerente

Una delle prime prese di consapevolezza del ricercatore E.Co.A. è quella di

aumentare l’attenzione per evitare di cadere,

specialmente quando propongo E.Co.A. di difficoltà leggermente superiore a quelle di una semplice escursione orizzontale, ossia quelle che richiedono più punti di appoggio e l’utilizzo anche delle mani oltre ad utilizzare in modo corretto i piedi-gambe (secondo le gradazioni alpinistiche escursioni di terzo grado). Tale necessità di ulteriori appoggi per non cadere, di fatto,

costringe l’Io-psyché a disidentificarsi per un attimo dai propri pensieri ricorsivi,

spesso sempre uguali a loro stessi e talvolta vissuti come pesanti. Ebbene, se si prolunga tale azione escursionistica i ricercatori riferiscono di

sentire un’attenuazione del flusso di pensieri, una lieve stanchezza ma anche la soddisfazione di aver praticato una progressione più impegnativa di quella ordinaria.

 Constatano che alcuni pensieri ossessivi, quelli che formano la depressione veicolata si riducono, in alcuni casi si destrutturano e vanno in remissione. Ciò significa che

  1. produrre quel tipo di attenzione,
  2. ossigenarsi in misura maggiore
  3. vivere maggiori stimoli muscolari,
  4. attivare più attenzione e coordinazione
  5. (e molte altre)

determina l’attivazione di aree cerebrali diverse da quelle che si attivano ricorsivamente quando siamo impegnati nella

produzione di pensieri ed emozioni ossessivi.

Tale processo si amplia enormemente quando durante l’E.Co.A. propongo tecniche di ∑ophy-martial-art, di Pan-kration di ∑igma–gym abbinati a momenti di elaborazione dinamica delle difficoltà eventualmente incontrate. In una parola il loro Io-psychè il loro cervello, di fatto, funziona meglio.

Quando aumento di grado (quarto o quinto) la difficoltà che affrontiamo e ci immergiamo in quella escursione tale processo si amplia ulteriormente:

Di fatto, il ricercatore E.Co.A. in un contesto e in una progressione siffatta è indotto a

  • non utilizzare il cellulare,
  • non stare davanti alle radiazioni del monitor del proprio computer,
  • non seguire la ricorsività delle trasmissioni televisive,
  • non respirare i gas di scarico delle macchine che di solito in città lo circondano,
  • non sentire i clacson
  • non litigare con chicchessia
  • (potrei continuare con l’elenco),

bensì si trova in un ambiente naturale dove vive il

  • ritmo impetuoso dei suoni di una cascata d’acqua,
  • suono emesso dagli alberi quando sono mossi dal vento,
  • il suono delle onde del mare
  • il suono del silenzio
  • momento di sospensione tra fulmine e tuono
  • soffio della brezza sul viso,
  • linguaggio degli animali che cantano e parlano
  • (potrei andare avanti con l’elenco)

e questo, di fatto, inizia a transmutare, nell’immediato, il sistema cognitivo e quello cerebrale.

Un caso in particolare mi ha dato notevoli spunti di riflessione: stavo trattando un caso di disturbo di attacco di panico di un ricercatore, utilizzando il sistema della maieutica Sigmasofica. Il setting prevedeva, ovviamente, la pratica dell’E.Co.A.. Il caso si presentava come molto difficile e complesso. Ritenni opportuno di proporre a quel ricercatore un’uscita di torrentismo coscienziale, in una forra molto semplice, con lo

scopo di gestire insieme l’eventuale crisi di attacco di panico nel caso fosse emersa.

 Accadde questo: ci trovavamo a dover affrontare, utilizzando corde e imbrachi, immersi nel torrente, una cascata di una trentina di metri di metri di altezza. Come al solito il Ma.S.e. assistente scese per primo e fece da sicurezza, dal basso; Io in qualità di Ma.S.e. responsabile feci assistenza dall’alto, allestendo un sistema sbloccabile e gestibile, ciò serve per procedere in sicurezza e saper gestire la situazione in caso di inconvenienti, di problemi. Il ricercatore al solo pensiero di dover calarsi da quella altezza, tremava, ma siccome aveva accettato di farlo si costrinse a farlo. Prima di iniziare la calata dissi al ricercatore che avrebbe dovuto semplicemente scendere utilizzando la tecnica che gli avevo precedentemente insegnato e che avrebbe dovuto farlo fino all’arrivo a terra (nella marmitta di ricezione dell’acqua della cascata) dove avrebbe incontrato il Ma.S.e assistente, che lo avrebbe aiutato e, in ogni caso, gli dissi, per tranquillizzarlo ulteriormente, che lo avrei raggiunto con un’altra corda in caso di pericolo per aiutarlo. Convinto e ri-assicurato iniziò la sua discesa, in quel momento mi venne in mente che mi ero dimenticato di dirgli che dopo circa dieci dodici metri di calata avrebbe incontrato un terrazzino sporgente che, ovviamente, avrebbe dovuto superare per poi raggiungere il Ma.S.e. più in basso. Ebbene, il ricercatore arrivò sul terrazzino, pensò di essere arrivato alla fine della calata, si guardò intorno e si rese conto che il Ma.s.e. che avrebbe dovuto assisterlo non c’era e il luogo in cui si trovava non era così sicuro. Ecco che, improvvisamente, iniziò ad evidenziarsi in lui un forte tremore, sudore freddo, mischiati ad una intensa paura, l’attacco di panico che volevamo affrontare iniziava a manifestarsi. Io da sopra mi ero reso conto che la corda non era più in tensione, ma non ricevendo il fischio di corda libera dal basso dal Ma.S.e. assistente che avverte che il ricercatore è arrivato alla base, mi misi in allerta. Il ricercatore era li su quel terrazzo, paralizzato dalla paura, sotto il getto dell’acqua della cascata, in quegli attimi non seppe che cosa fare,

si sentì tradito da noi e sentì che la sua vita era in pericolo
(non lo è mai stata!).

Era trascorso non più di un minuto (quello più lungo della mia vita, da sua verbalizzazione), e all’improvviso decise: costi quello che costi devo salvare la mia vita, si rese conto che lo corda, ovviamente, proseguiva verso il basso e decise di seguirla, doveva salvarsi da quella situazione, fu così che

creò una pulsione, uno sforzo per lui tremendo, superiore di intensità all’attacco di panico che lo stava paralizzando, e con un urlo sovrumano si diede il via e proseguì in quello che per lui fu l’atto più incredibilmente intenso della sua vita (in realtà si trattava soltanto di continuare a scendere, e la portata dell’acqua perfettamente contenibile da chiunque), ma non per quel ricercatore in preda al DAP.

Arrivò al terreno, trovò come ovvio l’assistente e dopo essersi spostato fuori cascata visse “la resurrezione”, si era salvato da solo e voleva urlarlo, ma avendo agito uno sforzo per lui in quel momento e in quella condizione veramente tremendo si accasciò al terreno stremato. Comunque, non appena ripresosi protestò con me, ma si rese conto che galeotto fu il terrazzino e che sapeva perfettamente che avrebbe dovuto proseguire fino a raggiungere il Ma.S.e. assistente. Preso coscienza di ciò si rese ulteriormente conto del fatto che lui si proprio lui che poteva essere in grado di superare l’attacco di panico spesso paralizzante, bloccante, se solo avesse messo la stessa intensità di risposta quando gli accadeva giornalmente. Tale presa di consapevolezza fu per lui come una profezia: sono trascorsi più di dieci anni e non ha mai più avuto un attacco di panico (ne produceva una decina alla settimana!). Aveva preso coscienza che disponeva della forza per poter gestire quello che fino a quel momento sembrava essere imbattibile! Lo stesso effetto lo ebbi dopo un’escursione iper-impegnativa con un ragazzo con diagnosi di sindrome da iperattività (ADHD). Dopo aver vissuto insieme un’E.Co.A. veramente stancante e impegnativa, i genitori si resero conto che nei giorni a seguire gli impulsi agiti dal ragazzo si erano attenuati ed era anche un pochino più attento! Fu così che decidemmo di somministrare una serie di escursioni della stessa intensità e abbinate a tecniche di marzialità interiore ed esterna molto dinamiche, i miglioramenti furono notevoli! Dopo quelle dieci uscite i genitori non lo portarono più.

Un altro effetto che ho un’E.Co.A. di media difficoltà determina il consumo di circa 400 cinquecento calorie ogni ora di progressione e abbinando meditazioni dinamiche (mentre si procede) si ottengono forme di abreazione Io-somatica (della psyché e del corpo). Vivere continue escursioni della durata di dieci quindici ore allena alla continuità di azione, di attività, ed è per questo motivo che tale principio di continuità una volta riacceso, rimesso in circolo, è possibile farlo ricadere a sostegno dell’azione quotidiana.

L’E.Co.A. praticato seguendo i diversi livelli di difficoltà determina l’attivazione maggiore di diverse aree cerebrali: ippocampo, neocorteccia, rettilica, aumenta il rilascio di endorfine e fa da profilassi a molte patologie, in particolare, pone in remissione gli stressor.

Anche la scienza inizia a scoprire e a confermare qualcosa che l’Io-psyché ha sempre saputo e praticato. Infatti i Proceedings of National Academy of Sciences affermano che attraverso il trekking si riducono i pensieri ossessivi e che le aree di solito iper-attive mentre li produciamo si riducono o vanno in remissione.

Applicando la maieutica sigmasofica Io-somatica, quella che si utilizza per tentare di porre in remissione le diverse patologie, ho potuto partecipare-osservare che la somministrazione dell’E.Co.A. è particolarmente efficace nelle seguenti discrasie:

  1. Discrasie cardiache-ipertensione
  2. Diabete-Obesità anoressia bulimia
  3. Ansia stress agorafobia-claustrofobia, DAP
  4. Reumatismi

1. Discrasie cardiache

La pratica dell’E.Co.a, realizzata progressivamente,

riduce e fa da profilassi all’insorgere di patologie cardiache.

Ciò può dipendere anche dalla ipertensione arteriosa che agisce subdolamente infatti senza dare segnali sintomi, crea stress alle pareti arteriose, queste perdono elasticità e ciò predispone a diverse patologie.

Lo scopo è quello di aumentare l’elasticità delle arterie via via che aumenta l’età. Ho constatato infatti che perdendo 400 calorie l’ora il corpo del ricercatore tende a dimagrire e dimagrendo aumenta elasticità e tale processo è un elemento che contribuisce a ridurre la pressione, l’iper-tensione, che a loro volta creano nuove forme di equilibrio omeostatico che fa da profilassi all’insorgere di patologie cardiache (esistono anche altri motivi). L’aumento di ossigenazione e tutte le caratteristiche indicate sopra permettono di iniziare a invertire il processo di invecchiamento così come lo viviamo normalmente

2. Diabete-Obesità anoressia bulimia

Tutte le pratiche E.Co.A. contribuiscono a smaltire i livelli di zucchero e quindi a ridurre l’insulina necessaria per compensare tal i livelli eccessivi, la perdita di peso conseguente all’E.Co.A. permette progressivamente di iniziare a gestire la patologia, via via che si sconfigge l’obesità attraverso il bruciare calorie, si recupera un equilibrio psicosomatico che ci porta a gestire anche l’anoressia e la bulimia (non è sufficiente soltanto l’E.Co.A. la continuità della pratica consente di non riguadagnare quel peso o quelle attitudini discrasiche e, contemporaneamente, si determina una sorta di dieta nascente dal conseguente nuovo equilibrio (superato ile prime difese quelle che ci spingono a non andare a praticare) Sono sufficienti una quindicina di uscite per iniziare a innescare l’inversione di tendenza a non andare

3. Ansia stress agorafobia claustrofobia, D.A.P.

Quando il ricercatore affronta una calata di cinquanta metri o realizza un’ascesi inversa o procede con un’immersione o esplora una grotta profonda, necessariamente produce più adrenalina, non è semplice le prime volte calarsi in un abisso di cinquanta metri di altezza da soli anche se fatto in piena sicurezza. Ogni volta che il ricercatore affronta quella modalità reagisce nel modo indicato appunto perché deve interagire con un qualcosa che legge come pericoloso per se, è quindi un modo implicito per iniziare a gestire le diverse forme di tanatofobia, quindi l’adrenalina accumulata quella contribuisce a creare tensioni ed ansie viene abreagita attraverso la progressione e quindi contribuisce a porle in remissione e a riequilibrare il tono innato dell’umore. Nello stesso tempo si producono maggiori endorfine tradotte dall’io-soma con sensazioni di benessere ed ecco che il riequilibrio psicosomatico è iniziato a vivere

4. Reumatismi

L’E.Co.A. consente di aumentare la densità ossea e di ridurre il rilascio di calcio (è una conseguenza della pratica continua) determinando così un rafforzamento delle ossa riducendo così il rischio di fratture si hanno effetti sull’osteoporosi ed anche sui reumatismi (ovviamente si tratta di un insieme di fattori, alcuni non indicati qui). Con la pratica continua dell’E.Co.A. si può aumentare la densità ossea del trenta per cento in sei mesi.

La

discrasia da deficit di pratica della natura

che sto evidenziando dipende soltanto dal fatto che l’Io-psyché di molti esseri umani non assume uno stile di vita adeguato a sviluppare quanto indicato. Chi assume la pratica dell’E.Co.A. non produce tale discrasia.

È impressionante la differenza che riscontriamo tra un ragazzo abituato a vivere in città e un altro che vive in campagna e partica l’E.Co.A., il deficit di natura nei cittadini è altissimo, e lo si vede in quasi tutte le loro funzioni Io-somatiche

Ogni essere umano è natura in azione

quindi non ci dobbiamo adattare alla natura perché siamo la natura e soltanto che tale ontos naturale è stato fatto deviare da comportamenti acquisiti, quelli che non rispettano più l’ontos e il sophos e il logos innati ossia ciò che l’E.Co.A. si prefigge di reintegrare alla consapevolezza.

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