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DAL TORRENTISMO ORIZZONTALE AL TORRENTISMO COSCIENZIALE AUTOPOIETICO: LE RADICI

breve introduzione

(…) sapendo che ogni processo è auto-somigliante
ed emanazione dei principi attivi olistico-autopoietici da cui nasce.
 
Nello

Esattamente dall’anno 1976, mi sono sempre avventurato nei canyon dell’alto Lazio in particolare, l’Etruria e in altri luoghi, e spesso sono entrato, ho esplorato grotte naturali molto profonde, in gallerie sotterranee, cunicoli, buchi, o immerso nell’acqua dei torrenti, ho esplorato le caratteristiche di quei canyon, più precisamente di quelle forre. Non appena trovavo un luogo che per bellezza, atmosfera, intensità, per i suoi resti antichi (…) mi attraeva, mi richiamava mi fermavo e praticavo tecniche di rilassamento, di meditazione dinamica di contemplazione del luogo.

Talvolta, anche durante la fase di avvicinamento, immerso nella bellezza di quei sentieri naturali di quei canaloni ne approfittavo per praticarle in itinere, mentre camminavo. Più volte mi è capitato di praticare Autopoiesi olografiche in situazioni di pericolo, recuperando principi attivi olistico-autopoietici, pulsione autopoietica (Bios) che contribuiva a farmi superare quei momenti. O, in momenti di benessere, dove abbinavo la pratica di danze autopoietiche, di forme, di stili di Sigmasofia, autopoietica marziale ampliando così i miei stati di apertura olistico-autopoietica.

Ho anche rischiato molto, calandomi a mani nude e senza alcuna protezione in strapiombi anche molto alti, in grotte, ma, in alcuni punti e in alcuni luoghi era tecnicamente impossibile scendere o salire senza l’ausilio di un’adeguata attrezzatura. Troppi luoghi ero costretto ad evitare, non potevo esplorare, iniziò così a nascere l’esigenza di attrezzarmi per poterli raggiungere. Per diversi anni non mi sono mai deciso a fare il passo per acquistare l’attrezzatura necessaria a queste esplorazioni in luoghi altrimenti non raggiungibili, in fin dei conti, pensavo, la mia pratica di escursioni, di archeologia, di speleologia e di torrentismo in orizzontale che praticavo era enormemente soddisfacente. Pur perdendo alcuni passaggi in verticale potevo ritenermi soddisfatto in funzione delle finalità che mi prefiggevo quale ricercatore interiore, sulla coscienza.

La decisione di dedicarmi anche al superamento di passaggi in verticale: grotte, strapiombi, cascate naturali (…), nacque improvvisamente quando, in un grottone (molto profondo) durante la pratica di Autopoiesi olosgrafiche mi resi conto che a quelle profondità naturali, la pratica di specifiche tecnologie coscienziali poteva far nascere risonanze interiori con la profondità della grotta interiore, molto significative. La convinzione definitiva me la diede il fatto che per la difficoltà tecnica a raggiungere quelle grotte, quei passaggi, quei luoghi avevano mantenuto il loro stato di in contaminazione (da parte dell’essere umano) e di bellezza olistico-autopoietica naturale, altri elementi che non potevano non dare altre risonanze interiori nel ricercatore impegnato nella formazione vissuta a se stessi, l’Universi-parte.

L’aumento della capacità di visione, di sogno, di meditazione, di esplorazione del campo coscienziale olistico-autopoietico (conscio e inconscio) che in quei posti, in quelle parti del proprio corpo si poteva attuare, non potevo non inserirla. Quando constatai che l’aumento delle difficoltà per raggiungere il posto (interiore-esterno) costringeva il ricercatore in formazione a concentrarsi di più, ad essere più agile, potente per raggiungere quei luoghi diede il via alla nascita della speleologia e del torrentismo coscienziale olistico-autopoietici. Tale attività nasce in me nel 2001 dopo più di venti anni di torrentismo in orizzontale e a causa dell’abbinamento del lavoro interiore conoscitivo, formativo è risultata essere un’attività pressoché sconosciuta tranne che per alcuni ricercatori frequentatori della International Sigmasophy University che ho personalmente preparato. Non mi riferisco, ovviamente, alla pratica della speleologia e del torrentismo ma quanto alla specifica pratica delle tecnologie di Sigmasofia Io-somato-autopoietica nei luoghi esplorati da speleologi e torrentisti, attuandola anche durante la discesa, appesi alle corde o mentre ci si lascia andare immersi nella corrente principale del torrente, costringendomi così a cambiare anche la tecnica di discesa. Ad esempio, noi, quando possibile, ci fermiamo sotto il getto di una cascata, sospesi nel vuoto, si lavora sulla paura, sul freddo, sul suono bianco (…), quindi l’utilizzo di specifici accorgimenti necessari a realizzare questo hanno modificato le tecniche classiche di discesa o di risalita.

Quindi, per non essere equivocato, comunico che la conoscenza delle necessarie tecniche di progressione è necessaria soltanto in funzione del raggiungimento di quei luoghi, altrimenti inaccessibili! Utilizziamo le tecniche di discesa e di risalita, rivedute e corrette, come una macchina: ci serve per raggiungere il luogo, poi nel luogo si svolge l’azione, il rituale, la meditazione dinamica, la psicoterapia, l’auto-realizzazione, l’auto-rigenerazione che ci interessa, che non coincide soltanto con il percorrerlo, ma con la sua conoscenza diretta, vissuta, in uno stato di empatia, fusionalità per così dire cercata allo scopo di trarne informazioni attinenti le risonanze profonde interiori che tale attività necessariamente suscita.

Il cultore della Sigmasofia ecologica può essere riconosciuto inequivocabilmente dal fatto che è caratterizzato dall’espressione di azioni che sono autoconsapevoli dell’Universi-parte che le sta emettendo, sapendo che ogni processo è auto-somigliante ed emanazione dei principi attivi olistico-autopoietici da cui nasce.


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